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Maier - Missione Archeologica Italiana a Hierapolis di Frigia adresi, iletişim bilgileri

Maier - Missione Archeologica Italiana a Hierapolis di Frigia

Hakkında

MAIER - Missione Archeologia Italiana a Hierapolis di Frigia dell'Università del Salento
Direttore: Prof.ssa Grazia Semeraro

Hikayemiz

Le rovine dell’antico centro di Hierapolis di Frigia sono oggetto di indagini sistematiche da parte delle équipes della MAIER – Missione Archeologica Italiana a Hierapolis – che, come è noto, sono giunte fino a noi in uno straordinario stato di conservazione e in una stratificazione urbana che dall’età ellenistica giunge sino alle fasi bizantine e selgiuchidi senza alcuna discontinuità.

Fondata nel 1957 per opera del Prof. Paolo Verzone, ingegnere e docente del Politecnico di Torino, la MAIER, ha ormai indubbiamente segnato la storia della città frigia con più di cinquant’anni di ricerca archeologica. Sotto la guida del Prof. Verzone, la Missione si occupò dello scavo dei più importanti monumenti della città, le cui monumentali rovine erano ancora ben visibili sul terreno. Iniziarono, così, gli scavi del Martyrion di S. Filippo, del tempio di Apollo, ed anche i primi restauri ed opere di consolidamento alla Porta di Frontino e ad alcuni monumenti della necropoli. Nel 1960-61 iniziarono, in collaborazione con la Direzione Generale delle Antichità e dei Musei di Turchia, i lavori del Teatro al centro della città. Mentre nei primi anni ’70 presero avvio le prime indagini sistematiche sul tracciato viario e sull’impianto urbanistico con il riconoscimento della maglia ortogonale della città ad insualae allungate.

A partire dal 1978, la direzione della Missione passò alla Prof.ssa Daria De Bernardi Ferrero del Politecnico di Torino, prima collaboratrice del Prof. Verzone, che detenne fino alla data del suo pensionamento nel 1999. In questi anni l’attenzione della ricerca si concentrò principalmente sul Teatro e sul suo restauro, in particolare del podio della frontescena e del proscenio. Iniziarono anche le prime indagini nell’area settentrionale della città ad est della Via di Frontino, la meno conosciuta, che portarono all’identificazione dell’Agorà circondata da portici ionici in marmo. Verso la fine degli anni ’80 venne completato lo scavo integrale della lunga Via di Frontino con la completa asportazione di spessi depositi di calcare. Sono questi gli anni in cui si sviluppa il turismo di massa a Hierapolis, grazie all’attrazione costituita dalle cascate di travertino e delle rovine poste sulla sommità delle stesse, tanto che nel 1988 Hierapolis-Pamukkale viene inserita nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO (n.485).

Da questo momento in poi vengono messi in atto tutta una serie di servizi funzionali alle intense attività turistiche con la messa in opera di importanti cantieri di restauro nel teatro e nelle necropoli, in particolare con i contributi della Fiat di Istanbul e della Fondazione Koç, e si costruiscono due ingressi all’area archeologica nella zona nord e a sud, e si iniziano a programmare i primi percorsi di visita.

Nell’ottobre del 2000, viene nominato direttore della MAIER il Prof. Francesco D’Andria, docente di Archeologia presso l’Università di Lecce, e da questo momento in poi la Missione assunse un nuovo “volto” e una nuova visione nel modo di operare e condurre la ricerca archeologica. Innanzitutto, rispetto alle fasi pioneristiche della sua fondazione, apparve indispensabile attivare uno strumento formale di collaborazione tra le varie Università che si erano andate via via aggregando nel progetto Hierapolis. Venne istituito a tal fine, presso il Politecnico di Torino, il CIRDAR – Centro Interdipendente Ricerca e Documentazione Archeologica – al quale potevano aderire anche docenti provenienti da altre sedi universitarie italiane e straniere. Non bastavano, infatti, le sole competenze di archeologi ed architetti per indagare un fenomeno così complesso ma si doveva orientare la ricerca verso una decisa strategia interdisciplinare.

Il principale obbiettivo delle attività svolte a partire dal 2000 è stato quello di coordinare l’operato dei diversi gruppi di ricerca in un progetto unitario di studio della città di Hierapolis intesa come fenomeno insediativo complesso all’interno di un territorio dalla straordinaria valenza paesaggistica e ambientale.

Fu così che, accanto agli archeologi, architetti e restauratori, oggi operano a Hierapolis nuove figure della ricerca come ceramologi, geologi, geofisici, sismologi, topografi, paleobotanici, archeozoologi, numismatici, epigrafisti, informatici, esperti GIS, di ricostruzioni virtuali, in archeometria e datazioni radiometriche (CEDAD), provenienti da varie università ed istituti di ricerca, tra cui l’IBAM – Istituto per i Beni Archeologici e Monumentale del CNR. Partecipano alla missione ben otto università italiane come l’Università del Salento, Politecnico di Torino, Università Cattolica di Milano, Cà Foscari di Venezia, Scuola Normale Superiore di Pisa, Roma “La Sapienza”, Napoli Federico II e Messina. Dall’estero partecipano inoltre l’Università di Oslò e le Università turche di Pamukkale, Izmir, Istanbul ed Ankara. Ed è proprio in virtù di questo costituito quadro di forte collaborazione italo - turca, che l’Università di Pamukkale ha voluto conferire nel 2007 il titolo di professore onorario in Archeologia al Prof. Francesco D’Andria direttore della MAIER.

In questa nuova fase di gestione della ricerca, per la prima volta in modo quanto mai concreto, si è puntato sensibilmente verso una più ampia conoscenza delle attività archeologiche italiane in Turchia offerta ad un pubblico più vasto e non di soli specialisti del settore come in passato. Pertanto nel 2003 venne pubblicata la prima Guida Archeologica di Hierapolis, in quattro diverse edizioni in lingua italiana, turca, inglese e tedesca.

A partire dal 2000, tra gli obbiettivi prioritari della Missione, si è identificata la necessità di mettere a disposizione dei vari gruppi operanti a Hierapolis un adeguato strumento di gestione e di posizionamento topografico delle strutture. Ed è proprio in questi anni che il gruppo del Politecnico di Torino, diretto da Bruno Astori e Antonia Spanò, mette a punto la prima cartografia computerizzata della città, legando in una struttura unitaria tutti i rilievi relativi alle diverse aree di scavo e integrando nel sistema un rilievo topografico raster a scala 1:500 dell’intera area archeologica e delle aree circostanti, messo a disposizione della Direzione Generale del Ministero della Cultura turco. Al fine di facilitare l’indicazione delle diverse aree di scavo e di intervento ed il loro reperimento nella cartografia generale, l’intera superficie urbana venne suddivisa in Regiones, indicate dai numeri latiti da I a XIV; anche le insulae sono state identificate con i numeri arabi da 1 a 198.

Lo studio di Hierapolis, però, non poteva limitarsi tuttavia alla sola area urbana con la semplice collocazione delle strutture, doveva estendersi alla comprensione del territorio circostante all’area urbana e contemporaneamente all’interno della stessa. Fu così che, attraverso l’applicazione delle innovative tecnologie sviluppatesi negli ultimi anni nel campo del telerilevamento, della geomatica, della cartografia computerizzata, nei sistemi GPS e delle prospezione geofisiche, nacque l’idea di realizzare il primo Atlante di Hierapolis di Frigia, uno strumento fondamentale per fare il punto sulle conoscenze acquisite in più di cinquant’anni di attività della MAIER e per orientarne la ricerca futura. Questo progetto, condotto dall’équipe di topografi leccesi dell’Università e del CNR-IBAM coordinati da Giuseppe Scardozzi, ha preso pieno compimento nel 2008 con la pubblicazione del suddetto Atlante con all’interno ben 53 fogli in scala 1:1000 che raccolgono tutte le informazioni presenti sul territorio e rappresenta ormai uno strumento indispensabile per tutti i gruppi di lavori e per chiunque in futuro voglia condurre ricerca a Hierapolis. Tuttora, con evolversi della tecnologia e dei mezzi di ricerca, è già in corso un nuovo programma di aggiornamento dell’Atlante, che presto darà alla luce un nuovo e più avanzato strumento a disposizione di quanti operano nella città frigia.

A partire dal 2001 stato messo a punto un sistema informatico (ODOS) per la gestione dei dati di scavo che ha trovato grande successo nel progetto “Santuario di Apollo”, e che ha gettato le basi per la modellazione e ricostruzione 3D dei principali monumenti della città.

Riguardo alle attività sul terreno, in quest’ultimi 10 anni, la Missione si è concentrata principalmente sullo scavo e il restauro del Ninfeo dei Tritoni, del Santuario di Apollone sul c.d. Grande Edificio; in più si è investito molto anche sulle ricerche intorno al Martyrion di San Filippo, volte principalmente a rompere quell’isolamento in cui il monumentale edificio era immerso, attraverso tutta una serie di indagini topografiche e prospezioni dell’area, che ha permesso di individuare un vasto complesso di edifici ed avviare delle campagne di scavo mirate alla comprensione degli stessi. Presero avvio, quindi, gli scavi del c.d. Ottagono piccolo, delle due gradinate, della Torre Selgiuchide e dell’Aghiasma, e in ultimo quello tuttora in corso della basilica ad ovest del Martyrion.



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